Rifiuti speciali pericolosi: quali sono?

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Le principali classificazioni dei rifiuti speciali pericolosi

Sono da considerarsi rifiuti speciali pericolosi quei rifiuti generati da tutte le attività produttive che contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze inquinanti per l’ambiente a la salute umana. Per tale ragione occorre smaltirli in modo da renderli innocui e da ridurne, o meglio ancora azzerarne, il grado di pericolosità. La definizione è cambiata rispetto alla normativa precedente, che invece li definiva rifiuti tossico nocivi.

Possono essere considerati rifiuti speciali pericolosi quelli elencati nella normativa europea 1357/2014 del 18.12.2014 che va a sostituire il precedente l’allegato III della direttiva 2008/98/CE. Gli esempi più comuni di questi tipi di rifiuti sono l’amianto, la lana di roccia, vernici, materiali da combustione, medicinali etc. per tali rifiuti occorre attenersi alle pratiche di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi.

In aiuto al riconoscimento di tali rifiuti e a tutela dell’ambiente, il documento ufficiale è rintracciabile nel decreto legislativo 116/2020 ed è il codice EER. Si tratta di un numero composto da 3 coppie di 2 cifre e al termine viene posto il simbolo * (asterisco) nel caso in cui il rifiuto sia considerato pericoloso. I codici EER dividono i rifiuti in pericolosi e non pericolosi, ma il grado di pericolosità viene successivamente attribuito da minuziose analisi in laboratorio. 

L’obiettivo del decreto è disciplinare la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinanti in conformità alle direttive dell’Unione Europea. Come si evince dallo stesso documento, l’idele di vivere in un mondo pulito e privo di rifiuti pericolosi è nell’interesse comune. Tutti devono contribuire a salvaguardare l’ambiente circorstante e la salute dell’uomo.

L’intera categoria dei rifiuti speciali comprende tipologie non pericolose e tipologie pericolose. A determinare la seconda condizione è la presenza di sostanze pericolose che possono arrecare danno all’ambiente e alla salute umana. 

La classificazione dei rifiuti speciali pericolosi

Per avere un quadro generale sui rifiuti speciali pericolosi, occorre consultare il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, parte IV, allegato D, dove si riporta la loro classificazione:
– scarti della raffinazione del petrolio;
– scarti dei processi chimici industriali;
– scarti dell’industria metallurgica;
– scarti che provengono da apparecchiature elettriche ed elettroniche;
– solventi;
– oli esausti;
– batterie e accumulatori;
– rifiuti degli impianti di trattamento delle acque reflue;
– rifiuti dell’industria fotografica (come ad esempio le soluzioni di sviluppo e attivanti a base di solventi o le soluzioni fissative e di sbianca-fissaggio);
– rifiuti delle attività medica e veterinaria;
– rifiuti della produzione conciaria e tessile;
– rifiuti dell’industria cosmetica (detergenti, trucchi);
– pitture e vernici di scarto; scarti di inchiostro;
– rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose;
esplosivi di scarto (munizioni, fuochi d’artificio).

In base alla pericolosità nei confronti dell’ambiente e della salute umana, è possibile classificare in questa lista diversi tipi di rifiuti, come ad esempio:
– Gli esplosivi: descritti come sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili ad urti.
– I comburenti: quelle sostanze che a contatto con altre sostanze, sviluppano un forte calore e sono facilmente infiammabili.
– Gli irritanti: i preparati non corrosivi il cui contatto con la pelle o le mucose può provocare una reazione infiammatoria.
– I nocivi e i tossici: che possono comportare rischi per la salute lievi, gravi, acuti o cronici e anche la morte.
– I cancerogeni: sostanze e preparati che possono produrre il cancro o aumentarne l’incidenza.
– Gli infettivi: sostanze contenenti microrganismi conosciute o ritenute cause di malattie nell’uomo o in altri organismi viventi.

Tali rifiuti non possono essere smaltiti nelle comuni discariche, ma devono essere gestiti tramite operatori autorizzati, solitamente indicati dagli enti comunali o regionali di zona.

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