Come avviene lo smaltimento dei rifiuti sanitari in epoca covid19

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Smaltimento dei rifiuti di materiali considerati pericolosi e a rischio infettivo

Un primo distinguo va operato a seconda che si tratti di rifiuti extraospedalieri, cioè prodotti nelle abitazioni in cui soggiorna una persona positiva al tampone, a fronte di rifiuti prodotti nelle strutture ospedaliere in relazione a materiali potenzialmente infetti.

Rifiuti pericolosi a rischio infettivo prodotti in ambito domestico


In questo primo caso, cioè di rifiuti pericolosi a rischio infettivo prodotti in ambito domestico, esistono delle linee guida emanate dall’ISS (Istituto Superiore della Sanità) con un documento del 3 marzo 2020 e successivamente integrato, con norme idonee alla corretta gestione e al corretto smaltimento dei rifiuti cosiddetti speciali.
Quanto alla gestione domestica di tali rifiuti, si parte dalla raccomandazione che sia interrotta la raccolta differenziata (laddove praticata) e che tutti i rifiuti vengano raccolti insieme secondo le regole della raccolta indifferenziata.
Segue una serie di raccomandazioni su come trattare i singoli rifiuti e sulla cura dei sacchi in modo che non comportino dispersione o rotture.

Le raccomandazioni relative alla fase di ritiro prevedono il conferimento dei sacchi debitamente chiusi in appositi contenitori, in contenitori forniti dagli operatori preposti alla raccolta, oppure nei cassonetti destinati ai rifiuti indifferenziati, a seconda del sistema adottato localmente.
Passando alla problematica dello smaltimento, se ne consiglia il processo per incenerimento diretto.
Questa procedura appare infatti maggiormente attuabile perché, essendo tali rifiuti distribuiti su un intero territorio, la previa sterilizzazione in impianti predisposti, come avviene per i rifiuti pericolosi a rischio infettivo provenienti da strutture ospedaliere, risulterebbe impraticabile.

Rifiuti potenzialmente infetti prodotti in ambito delle strutture sanitarie


Diverso scenario si ha per quanto concerne la gestione e lo smaltimento dei rifiuti potenzialmente infetti prodotti in ambito delle strutture sanitarie di ogni tipo, sia pubbliche che private (ospedali, case di cura, ambulatori, studi medici).
Queste strutture hanno l’obbligo di compilare un Modello Unico di Dichiarazione (MUD) riguardante anche la categoria dei rifiuti speciali al fine di informare il personale delle ditte autorizzate al ritiro. Da ciò discende che la differenziazione del materiale considerato a rischio infettivo parte già dal personale sanitario.

Per i rifiuti considerati contaminati, come quelli utilizzati per pazienti con specifiche patologie, quali anche il covid19, la soglia di attenzione si innalza e le procedure diventano più stringenti, fino a ricomprendere la raccolta degli stessi in sacchi di polietilene da immettere in un imballaggio di cartone su cui si appone una scritta per segnalare il pericolo infettivo.
La stessa procedura viene seguita per il materiale tagliente, ma in questo caso il sacco di polietilene viene sostituito da un contenitore di plastica rigida (alibox), chiuso e senza possibilità di riapertura.

Relativamente allo smaltimento di tali rifiuti, dato che la loro pericolosità era già prevista e legiferata ancor prima dell’avvento del covid19, esistevano puntuali normative sin dal 2003, contenute nel D.P.R. 15-7-2003 n. 254.
In base a tali disposizioni, quindi, è già prevista la procedura di trattamento dei cosiddetti “rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo” e riguarda sia la gestione che lo smaltimento degli stessi.
Quanto alla gestione, si individuano tre fasi: sterilizzazione, deposito temporaneo non superiore ai 5 giorni, e raccolta come rifiuti pericolosi.
Per lo smaltimento si dispone la termodistruzione in impianti autorizzati allo smaltimento dei rifiuti pericolosi.

Da quanto esposto pare evidente che anche sul fronte della gestione e dello smaltimento dei rifiuti potenzialmente infetti si sono attivate procedute atte al contenimento.

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