Storia dell’amianto in Italia
A partire dal secondo dopoguerra, l’Italia è stato uno dei Paesi più coinvolti nella produzione e nell’uso dell’amianto, con un consumo di ben 3,5 milioni di tonnellate di amianto grezzo.
Essendo un materiale particolarmente economico è stato molto utilizzato sopratutto tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, sopratutto in ambito edilizio.
Infatti la maggior parte degli edifici privati e industriali realizzati prima del 1994 conservano numerose parti in eternit, in particolare nella parte della copertura dei tetti.
Solo con la legge n. 257/1992 l’utilizzo dell’amianto è stato definitivamente messo al bando, anche se non prevedeva nessun obbligo di legge per quanto riguarda la rimozione di quello già presente.
É stata la direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo a stabilire che i luoghi di lavoro e i luoghi pubblici dovessero essere bonificati.
Secondo il Ddl 778 questo intervento deve essere attuato entro il 1 gennaio 2024 al di là del tipo di esposizione a cui sono sottoposti i lavoratori.
Infrangere questo obbligo comporta una pena di reclusione superiore a un anno.
Tecniche di bonifica amianto
Le tecniche di bonifica di amianto sono essenzialmente tre: rimozione, incapsulamento e confinamento. In particolare:
- la rimozione è una particolare tecnica che prevede la rimozione di tutto il materiale in cui è presente l’amianto.
Grazie a questa tipologia di asportazione si elimina qualunque rischio di esposizione a questo materiale, ma è necessario effettuare l’operazione con le dovute precauzioni per tutelare la salute degli operatori addetti e per effettuare uno smaltimento efficace, evitando di produrre rifiuti tossici e, di conseguenza, nocivi.
In generale è prevista l’applicazione di un nuovo materiale, al posto dell’eternit, che non sia pericoloso.
Questa tecnica ha il vantaggio di eliminare il problema in modo definitivo, infatti è la tipologia di trattamento più utilizzata;
- l’incapsulamento: con questa tecnica l’amianto viene trattato con prodotti specifici, che penetrano e ricoprono la zona interessata, isolando le fibre di amianto, come una sorta di pellicola protettiva.
In questo caso non è quindi necessario procedere con la sostituzione del materiale, né si producono rifiuti tossici, con un conseguente rischio inferiore di esposizione per gli addetti ai lavori e una minore probabilità di inquinamento ambientale.
Questa tecnica viene utilizzata di solito per i materiali di tipo cementizio, anche se in questo caso è necessario stabilire un programma nel tempo di controllo e manutenzione dello stabile.
É infatti importante controllare periodicamente che l’incapsulamento sia ancora efficace, e non sia stato alterato o danneggiato nel tempo;
- il confinamento: quest’ultima tecnica prevede l’installazione di una particolare barriera che separa l’amianto dalla parte occupata dell’immobile. Se non si procede anche con l’incapsulamento le fibre possono comunque persistere all’interno dell’area delimitata. Questa soluzione è molto resistente agli urti ed è solitamente adottata in caso di aree circoscritte. Anche in questo caso è necessario programmare una serie di interventi periodici di controllo e manutenzione, affinché vi sia la certezza che la barriera si mantenga in buone condizioni.
Ognuna di questa tecniche è particolarmente indicata in situazioni specifiche ed è influenzata dalle condizioni del materiale, dalla tipologia di zona da trattare e dalla volontà del proprietario dell’edificio di eliminare in modo definitivo l’amianto o preservare l’area limitando e controllando il rischio di esposizione a questo materiale altamente nocivo per la salute dell’uomo e dell’ambiente.